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Shooting Shoes Elisabetta Bertolini-6795

Avrei potuto prendere un comunicato stampa e copia incollarlo in questo copy bianco. Avrei potuto, ma non volevo. Volevo invece raccontarvi una storia, una storia fatta di frivolezze miste a sacrifici e dispiaceri. Un mix match, anche se stavolta di emozioni che mi rappresenta: io che parlo a voi con il cuore. Inizio dicendovi qualcosa di me, un paio di notizie essenziali che fanno di me quella che sono. Nel bene e nel male. Questo non è un redazionale. Si parla di vita. La vita vera che viviamo ogni giorno, senza il filtro fotografico. Dove i difetti sulla pelle sono quelli dovuti alle ferite. Le cicatrici che cerchiamo di nascondere dentro e fuori di noi.

Quando io sono nata, il 18 agosto 1987 la mia mamma ed il mio papà non erano più giovanissimi. Mia sorella ormai di nove anni voleva disperatamente una sorellina e così nacqui io. Durante una festa in casa, contrazioni e via! In direzione: ospedale. Una festa con gli amici di quelle che fai per combattere la noia; durante la settimana di Ferragosto. Quando tutti sono in vacanza e quelli che restano sono davvero quelli che vogliono restarti vicino. Per vedere nascere tua figlia per prenderla in braccio la prima volta e commuoversi. Non so in quanti siano davvero venuti all’ospedale a conoscermi per la prima volta. Non lo saprò mai però sta di fatto che io nacqui durante una caldissima giornata di sole, nel mezzo dell’estate, interrompendo un party e da questo ereditai la mia voglia di divertimento e fuga dalla realtà che si concretizza ogni giorno.

Perché? molti si sono chiesti perché dal giorno in cui mia mamma è morta non ho smesso neppure un attimo di fare quello che sto facendo tutt’ora. Ho iniziato a scrivere di getto, cose sensate e non, e mi sono ritrovata di lí a poco nelle Langhe, tra le colline e sorseggiare Moscato e mi sono accorta che solo non pensando sarei riuscita a sopravvivere al dolore. Così mi sono portata a casa gli insulti di tantissima gente ma sono andata avanti. Io, che mi definisco una sopravvissuta, come mia figlia Lara, perché ci accomuna il fatto che quando ancora non avevamo deciso di nascere stavamo già per andarcene. Infatti all’inizio della sua gravidanza, mia mamma si è accorta che stava per perdermi, questa cosa si è ripetuta anche a me lo scorso anno quando avevo in grembo la mia piccina. Così ho ascoltato un consiglio che non mi è arrivato con la voce ma con lo spirito e mi sono messa a letto a riposare. E’ stato l’unico momento in cui mi sono fermata a pensare, e anche in questo caso sono stata giudicata da tutti. Perché trascuravo mia figlia Gaia. Ho pianto, ho riflettuto e sono andata avanti. Ho pensato che non potevo abbattermi in quel momento, la solitudine non averebbe vinto. Non avrebbe vinto, come non ha vinto quando all’età di tredici anni e 125 kg sulle spalle mi sentivo esclusa da tutti. Eppure ero simpatica. Ma cosa significava essere solo simpatica? Era il sinonimo di ruota di scorta? Ruota di scorta perché i ragazzi non baciavano me ma le altre ragazze più belle e magre. Cosi come ben sapete appoggiavo il mio “nasino” alle vetrine dei bei negozi del Corso e sognavo un domani di poterlo fare. Di comprare abiti scintillanti e di indossarli spensieratamente. Di truccarmi il viso per sentirmi bella e non per dovermi nascondere. Con il blog ho potuto fare anche questo. Ho indossato un abito lungo e ho attraversato la scalinata di un Palazzo nel cuore di Milano. In una città sconosciuta che non ho mai sentito mia fino a quel momento. Ma con il nodo in gola, perché l’unica persona che volevo mi vedesse era in un letto di ospedale e non si ricordava più tante cose passate, stava perdendo piano piano la memoria e mentre io facevo fotografie con personaggi delle sue serie tv preferite lei lentamente perdeva i ricordi. Si dimenticava di me. Così quando ho messo tra le sue mani per l’ultima volta il mio regalo prima di dirle addio ho pensato che ci saremmo rincontrate su una stella e che sicuramente in quel momento, tutte le provocazioni, le bugie ed i dispiaceri dati non sarebbero più valsi niente. Mi sono così chiusa dietro il bisogno di dover dire ancora qualcosa e sono andata ancora una volta oltre.

Oltre alle depressioni, alle paure, alle tachicardie, alle persone che pensavano che fossi pazza e che volevano usare questa cosa contro di me. Per ferirmi e screditarmi per farmi sentire sola, ho cercato comunque di combattere. Vi do un consiglio? Diffidate sempre da chi dice di riuscire a vivere da solo. Siamo umani, fatti per intersecarci tra di noi. Abbiamo bisogno dell’affetto degli altri per non implodere e morire nella frustrazione. Così, continua una storia. La storia di una bambina un po’ grassoccia che da un giorno all’altro scopre che si può sorridere anche con 60 kg in più addosso. Ci prova ma non ci riesce. Perché? Non mi va di dare colpa alla società. Perché ho anche io gli occhi e vedevo che così; trasandata, talvolta sudicia e sola non potevo stare. Avrei per sempre potuto vivere con la convinzione che non avrei mai realizzato niente di buono? Con la consapevolezza di sentirmi imprigionata in un corpo che non era il mio. No, per me era impossibile continuare a sentirmi nulla così l’ho combattuto, ho combattuto me stessa e poi mi sono ammalata. Perché da sempre non ho mai saputo scindere il bianco dal nero. O tutto o niente o il piatto mezzo pieno o mezzo vuoto. Però una cosa a mio favore devo dirla. Ho sempre capito quando le cose stavano degenerando e ho chiesto aiuto. A sedici anni chiedere aiuto non è facile e sopratutto non lo si fa a parole. A diciotto anni mi sono addormentata nel lettone dei miei genitori tra mamma e papà con la speranza di non svegliarmi più. Eppure qualcosa mi ha salvato ma la stessa notte abbiamo perso la mia amata nonna. Un caso? Un miracolo? chiamatelo come volete voi ma così è successo e mi sono trovata per la prima volta a fare i conti con la triste realtà della morte e sulle spalle la paura che fosse colpa mia di quell’accaduto.

Ho chiesto venia al cielo per tutto quello che avevo fatto e sono andata avanti. Per la terza volta nella mia vita ne uscivo da combattente. Eppure mi sono sempre sentita molto debole o forse come ha sempre pensato mia mamma, mi faceva comodo che le cose stessero così. Io che sono sempre stata pigra dentro e fuori, che ho sempre agito di testa mia, rincarando la dose fino, quasi a distruggermi. Rialzarsi non è mai semplice e l’ultima volta che sono caduta è stato due anni fa? Perché ve lo racconto? Perché non va nascosto. Io che mi ferivo le mani per non sentire il dolore nel cuore. La stessa io che ha trovato dentro di se la freddezza e la calma per andare dal medico e chiedere aiuto. Ancora una volta aiuto. Perché?? Perché come dice Ligabue in una sua canzone: “Si viene e si va… ma sempre danzando” così ho preso la palla al balzo e in poco meno di mezz’ora vi ho raccontato la mia vita. Chiamatemi stupida, chiamatemi ingenua ma in questo momento della mia vita, con tantissime cose messe nere su bianco, le carte buttate sul tavolo non me la sentivo di nascondere qualcosa. Un difficile gesto da perdonarsi.

Così gli amici sono andati e venuti, le conoscenze anche. La paura di fidarsi è scemata e ha fatto largo al bisogno di non sentire più nessuna sensazione. Avrei davvero voluto essere come un Vampiro delle mie serie tv preferite che spegne il pulsante e vive senza mezze misure; assaporando bene e male come gli viene incontro. Se c’è una cosa che ho imparato dalla vita è di non permettere a nessuno di giudicarti. Dimostra sempre quello che vali e non vivere di stereotipi. Io sono così, sono quella che si commuove guardando un film, quella che gira a piedi scalzi per casa e quella che appena entra in casa apre il frigorifero. Sono io, ho tante sfumature, alcune molto belle, altre molto brutte ma … non me ne vergogno. Come non rinnegherò mai quella che ero neppure tra mille anni, sono quella che vuole distinguersi. Questo percorso, duro e tortuoso, è solo l’emblema della mia costanza, forza e voglia di mettercela tutta, nella vita come nel lavoro. Priorità che concretizzi maturando e crescendo. Lo chiamano: diventare grandi ma non ci si sente mai grandi abbastanza.

La persona che sono adesso, tutto quello che faccio, in qualche modo lo devo a quella bambina grassoccia che vive in me e che ci vivrà sempre. Ma che ha imparato a dare un penso a persone e situazioni. Così quando a Settembre Vigevano Shoes mi ha chiesto di firmare qualche modello per la loro azienda con il  mio nome e cognome, non ci ho pensato su due volte a dire di si. Era un modo per mettersi in gioco. Ci sono voluti mesi per formalizzare il tutto ma ora sono qui. I primi, forse gli unici, non saprei, modelli di scarpe a mio nome. Potrei farvi una citazione sulle scarpe in questo momento e sulla felicità che si prova ad indossarne un paio nuovo. Però non voglio rendere così impersonale e vuoto il mio testo. Vi dico solo che le emozioni contrastanti che si provano nel toccare con mano il proprio lavoro non hanno prezzo. Ho pensato quindi che il guadagno non fosse tanto il denaro ma il fatto di trasmettere una serie di emozioni sparse agli altri come quelle che ho provato io nello scartarle per la prima volta.

ELISABETTA BERTOLINI FIRMA LA CAPSULE COLLECTION DI VIGEVANO SHOES: Così adesso sono qui, tre diversi modelli, Betta, Renata e Gaia. Non c’è bisogno che vi ripeta il perché di questi nomi. Se avete letto attentamente il mio testo lo saprete già. Li trovate online sul sito di Morablu.it, il sito che ospita i nuovi modelli Vigevano Shoes e le Capsule Collection delle mie colleghe blogger Angela Pavese e Margaret Dallospedale. Le mie creazioni che ho voluto lanciare ad un prezzo più basso come opening, mi piacerebbe vi accompagnassero lungo la vostra estate. Portando una parte di me in giro per le mete delle vacanze, oppure anche solo per andare al lavoro al mattino. Mi piacerebbe se mi rendeste parte di voi. Come io ho condiviso con voi i miei pensieri… perché a conti fatti noi non siamo fatti per sentirci soli.

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Elisabetta Bertolini

The author Elisabetta Bertolini

Nata a Cremona nel 1987, Elisabetta Carlotta Bertolini è una blogger e influencer appassionata e fantasiosa, sempre attenta alle ultime tendenze della moda. Diplomata al liceo artistico, alterna la sua vita da blogger fashionista a quella di dolce mamma della piccola Gaia. Il suo blog nasce nel 2013, esattamente il 27 marzo, e in soli due anni si afferma come uno dei più seguiti a livello nazionale e internazionale.

13 Comments

  1. Ciao Eli
    Ho letto tutto d’ un fiato il tuo post, come faccio sempre d’altronde, ogniqualvolta mi appare in bacheca su Facebook. Ti seguo e ti stimo molto, con affetto e non per piangeria o per ricevere qualcosa in cambio, ma perchè, davvero trovo in te molte cose affini al mio modo di essere, e poi non dimentichiamoci che la tua tenera e dolce Gaia è nata il mio stesso giorno!!! Scherzi a parte sono molto contenta del tuo mini traguardo, ma pur sempre soddisfacente, e te ne auguro tanti altri, te li meriti, sei brava, creativa e originale. Il periodo che ho vissuto vicino Cremona, mi è dispiaciuto molto non poter conoscere te e la tua famigliola dal vivo (spero che non mancherà l’occasione)
    A Vigevano Shoes, invece, vorrei fargli una proposta: “perchè non realizzare, magari anche insieme volendo, SCARPE PER DONNE alte e con il piedone da fata, come la sottoscritta?! (sarebbe un’idea no!)”
    Fatto sta cara Elisabetta, che oggigiorno viviamo in una “giungla” e per non omologarci dobbiamo distinguerci e tu ci stai riuscendo, spero di riuscirci anch’io (se magari vuoi darmi qualche dritta!)
    Un bacione
    La Fra
    http://www.dreamswithlafra.com

    1. Ciao cara!!! sei davvero dolcissima!! Certo che bisogna incontrarsi assolutamente!!! Per fare due chiacchiere.. io sto affrontando un periodo molto particolare della mia vita… per questo viaggio spesso, non mi fermo mai e cerco di pensare il meno possibile perché ho bisogno di sentire che il mi cervello lavora per non crollare emotivamente. Grazie ancora per le tue belle parole! un bacione

  2. Complimenti davvero, queste scarpe sono bellissime, realizzate in ogni minimo dettaglio e particolare e si vede che sono realizzate con amore e con lo spirito di una fashionista! baci

    Federica – Cosa Mi Metto???

  3. in questo post hai esposto le parti più intime di te, cosa non facile…hai una grande forza e sei molto sensibile e intelligente, lascia perdere chi ti giudica solo dalle apparenze…la linea di scarpe è stupenda e te la sei sudata!! 🙂

  4. Direi che te la sei sudata e guadagnata questa linea! Favolosa, favolosa tu che col tuo racconto ci hai fatto entrare in questa favola!

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