Io sono un ex bambina obesa, rincorsa per tutta la vita da una madre che cercava di dirmi, in tutti i modi, che “il cibo è carburante”.
Non tutte le auto hanno lo stesso serbatoio, la capienza di una 500 non è la stessa di un Land Rover. E io ero questo: un fuoristrada perché uscivo fuori dalle righe e dai tracciati.
Poi sono cresciuta e ho capito quanto la diversità pesasse più sulle spalle di chi era omologato e come facilmente nella vita chi ha un limite tenda a caricarlo sugli altri per togliersi il pensiero.
Così mi sono iniziata a sentire fuori luogo e a disagio sin da piccola. Una volta la mia maestra delle elementari fece una lezione sui cibi che facevano bene all’organismo. Come proteine, verdure ecc. mi ricordo benissimo che ad un tratto prese me e i miei chili di troppo, accompagnatori silenziosi, come case history. Quanto pesò in termini di umiliazione, la frase: “Bambini potete mettere la maionese sulle carote per insaporire la verdura e mangiarla più volentieri. Ah, no tu Elisabetta meglio di no”.
Ah no? Io non potevo farlo? Perchè? Forse perché ero più robusta delle mie compagne. Una robustezza che non era dovuta solo al mio involucro esterno ma veniva da dentro e mi permise di diventare con il tempo e non poche sofferenze, la donna che sono ora.
Dunque per gli insegnanti, io non potevo mangiare le carote con la maionese, non potevo correre veloce perché se mi partiva l’affanno l’insegnante di educazione fisica delle scuole medie mi urlava: “che fai, batti la fiacca, Tortellini?” –
Così, senza sapere che a volte le persone dicono le cose senza empatia, tornavo a casa e mi isolavo cercando di non pensarci.
Solo molti anni dopo mi madre se ne uscì con la frase: “bisogna imparare a dare un peso alle parole” e io pensai che avrei voluto impararlo prima. Dopo tutto non ho mai mangiato carote in vita mia e non mi sarei mai posta il problema di farlo dopo quella critica davanti all’itera classe.
Ebbene sì, lo ammetto: Io sono stata una bambina in sovrappeso, un adolescente “cicciona”/ anoressica e borderline. Cosa è peggio? Il peso, ma non quello che portiamo addosso ma quello che portiamo dentro e quanto è pesante per noi il giudizio degli altri.
Non credo che la vera vittoria personale di una persona sia quella di non essere mai stati in grassa. Il sovrappeso è un dato di fatto scomodo per la salute non per l’aspetto in sé. Io ringrazio il cielo di esserlo stata, non una volta ma ben quattro volte. Per diversi motivi e perché ogni volta imparo qualcosa su di me e sulle persone. La differenza è che le persone non cambiano e faranno sempre battute o giudicheranno senza approfondire. Eppure io ogni volta, compresa questa in cui aspettando Edoardo ho visto ancora una volta il mio corpo cambiare. Io, credo di portare a casa sempre un piccolo trofeo personale. Vincendo la sfida di non permettere al mio corpo di scegliere per me è dimostrare prima di tutto a me stessa che esistono corpi di transizione.
Una volta mi sono affezionata ad una persona solo perché mi disse che non importava il kg in più o quello in meno ma quello che avevamo in testa. È proprio vero e non solo un modo per raccontarcela restando fissa in una comfort zone. Tanto, come dico sempre io possiamo essere davvero tutto ciò che vogliamo. Non per appagare qualcuno ma nutrendo la consapevolezza che niente e nessuno può decidere cosa possiamo essere e diventare.